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Su richiesta degli Uffici di Bologna e Napoli della Procura europea, il Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di Finanza di Napoli ha eseguito oggi sequestri preventivi nell’ambito di un’indagine su una frode IVA da 260 milioni di euro, che coinvolge una rete criminale che avrebbe importato carburante nel mercato italiano eludendo sistematicamente l’IVA. I beni sequestrati appartengono alla società riconducibile al capo della rete criminale, un imprenditore campano condannato in primo grado il 15 ottobre a otto anni di reclusione e a una multa di 8.600 euro con la confisca di beni fino a 73 milioni di euro e l’interdizione dall’attività imprenditoriale. Secondo gli elementi raccolti società era formalmente intestata alla moglie del condannato ma, di fatto, sotto il suo controllo. Essa possedeva un deposito fiscale a Magenta (MI), utilizzato per facilitare gli schemi di frode carosello IVA nel commercio di carburanti. In precedenza, a marzo 2024, il gruppo criminale, composto da 59 indagati e 13 società, era stato smantellato. Misure cautelari personali erano state disposte nei confronti di otto persone, tra cui i presunti capi del sodalizio. Inoltre, nell’aprile dello stesso anno, erano stati individuati e sequestrati beni per 20 milioni di euro, tra cui un resort turistico e oltre 150 immobili. Al centro dello schema criminale vi è un’associazione per delinquere, i cui membri sono talvolta legati da vincoli familiari, che ha perpetrato una massiccia frode IVA nel settore del commercio di carburanti, con diramazioni in Italia e all’estero. Il carburante veniva importato da fornitori situati in Croazia e Slovenia, oltre che da altri Paesi, attraverso una catena di oltre 40 “missing traders” in Italia, che scomparivano senza adempiere agli obblighi fiscali. Si ritiene che le attività fraudolente abbiano generato fatture per operazioni simulate per oltre 1 miliardo di euro, causando un danno stimato di circa 260 milioni di euro in IVA non versata. Il gruppo criminale è inoltre sospettato di aver riciclato oltre 35 milioni di euro di proventi illeciti, utilizzando conti bancari di società con sede in Ungheria e Romania. Tali somme sarebbero poi state consegnate in contanti ai responsabili della frode, attraverso prelievi bancari sistematici. L’evasione IVA ha anche permesso al gruppo di rivendere il carburante a prezzi estremamente vantaggiosi, distorcendo i principi della libera concorrenza sul mercato. La Procura europea (EPPO) è l’ufficio del pubblico ministero indipendente dell’Unione europea, incaricato di indagare, perseguire e portare a giudizio i reati che ledono gli interessi finanziari dell’UE.